VINCE CHI MOLLA
19 febbraio 2017
Omelia di don Mario del 19 febbraio 2017 - testo tratto dalla registrazione, non rivisto dall'autore
Letture: Lv 19,1-2.17-18, Sal 102, 1Cor 3,16-23, Mt 5,38-48
Care amiche, cari amici, è da qualche domenica che il capitolo 5 del Vangelo di Matteo ci incolla a questa esigenza fondamentale: dobbiamo continuamente, con pazienza, lavorare sul nostro cuore perché altrimenti la rabbia, la tristezza, la paura, hanno la meglio su di noi! Ci rendono persone cattive. Eppure questa pagina del Vangelo ci dice che nonostante le nostre cattiverie, Dio non agisce secondo la logica della punizione. Fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi, fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Non agisce secondo una logica punitiva perché Dio è un grande esperto di riparazioni e vorrebbe che noi acquisissimo il mestiere dell’artigiano che si impegna a riparare le cose. Oggi ci sfida addirittura ad AMARE E PREGARE PER I NOSTRI NEMICI.
Intanto in questo c’è un primo atto di profondo realismo: è impossibile non avere nemici.
Gesù non è moralistico, nel Vangelo non dice “Non dovete avere nemici”… no no… i nemici esistono, e se non sono nemici di quelli che hanno appeso la vostra foto al muro e vi tirano le freccette, comunque sono uomini, donne, bambini, compagni di scuola che sentiamo che hanno a che fare con le nostre sofferenze e che incontriamo nella vita.
Vi racconto un segreto… anche noi forse facciamo soffrire qualcuno!
Il Signore Gesù ci dice “Giacché è impossibile che non ci siano più inimicizie, tu però non stare nella logica esplosiva della guerra. Disinnesca quei processi distruttivi”.
Direbbe un cantautore che apprezzo molto, Niccolò Fabi, secondo Gesù “vince chi molla”. La logica che ci propone Gesù in questa pagina di Vangelo è di non fare eco alla violenza ma interrompere quel flusso di violenza, di ripicca, che facilmente prende il nostro cuore quando qualcuno è contro di noi.
Avete presente cosa c’è scritto nei tribunali? “La legge è uguale per tutti”. Ecco, questa non è la logica che emerge dalle pagine del Vangelo e dalla Sacra Scrittura, ma emerge “LA RELAZIONE PRIMA DI TUTTO”.
Dio, che non vuole essere punitivo con noi, desidera che assumiamo la sua mentalità.
Ci viene raccontato in diverse pagine della Scrittura che d’abitudine c’era una sorta di contenzioso tra due, si chiamava RIB, era la situazione nella quale due avversari erano costretti a dirsele di santa ragione. A volte è Dio stesso che convoca l’uomo per discutere con lui ed accusarlo. Accusarlo per condannarlo? No! Ma per venire a patti. “Dai, litighiamo un po’ per fare pace”.
La logica non è “non litigate ma state nella pace”, la logica è “per stare nella pace occorre litigare” e siccome non è la legge il punto d’arrivo del contenzioso, della sfida, ma è la RELAZIONE, accettiamo entrambi di rinunciare un po’ ai nostri sacrosanti principi perché dobbiamo salvare il rapporto tra noi due. Questa è una logica assolutamente innovativa sulla base della quale sentiamo che non ha senso per i nostri sacrosanti principi, per il diritto di rivendicare una vittoria sul nostro avversario, rompere un rapporto.
Sapete cosa si dice? Che anche quando muore qualcuno e il cadavere è steso lì, l’orgoglio accetta di essere morto solo 5 minuti dopo. Non ci sta! Sei morto, però c’è quella parte di te che non l’accetta.
Noi siamo fatti così.
Dice lo scrittore argentino Borges: “Per essere legati ai nostri principi, per non venire meno a quelli che sono stati dei punti che non volevamo mettere in discussione, accettiamo persino di essere infelici”.
Meglio essere orgogliosi che felici. Ma ha senso?
Ieri ero ad una riunione dell’associazione San Matteo che accoglie i bambini della Bielorussia ed un amico nichelinese mi raccontava del suo viaggio a Braghin. Un posto molto povero e quando vai lì, devi mangiare quello che mangiano loro e ciò vuol dire cibo inevitabilmente contaminato. C’è la fame ed allora devi coltivare e mangiare le patate di quell’orto contaminato, fa freddo ed allora prendi la legna e ti scaldi con quella legna che è radioattiva e immaginate cosa può spargere nell’aria! Cosa fai di quella cenere avanzata? La metti nel terreno per poterlo rendere nuovamente fertile… Ed è un circolo vizioso nel quale tu sei totalmente legato a quell’aria, a quella situazione contaminata che non riesci ad uscirne fuori!
Ecco, certi odi sedimentati anche all’interno delle nostre relazioni sono un po’ all’interno di questa stessa logica. Non fai altro che nutrirti continuamente di veleno, di odio.
Un mio amico monaco americano la racconta così: quando di notte ti viene da lottare con qualcuno e ti si scatenano dentro tutti quei sentimenti più tossici, ecco è come se tu stessi facendo una bevanda, ci metti dentro la cicuta, qualsiasi cosa che possa essere terribilmente mortale per il tuo avversario, mentre la stai girando ed aggiungi un cubetto di ghiaccio, una fettina di limone e la cannuccia, invece di servirla a quella persona, di fatto, è come se quel veleno te lo scolassi tu!
Coltivare odio verso qualcuno vuol dire consumarci noi.
La logica del Vangelo allora è quella di mollare la presa rispetto a questi sacrosanti principi per riuscire a smascherare il bisogno che tutti abbiamo alla fine di trovare pace nei nostri cuori. È quella che viene anche chiamata giustizia riparativa.
Anche nelle nostre scuole, nelle superiori, sta cominciando a diffondersi l’usanza che se un ragazzo si è comportato male, ha fatto il bullo, viene sospeso, ma invece di rimanere a casa a fare niente, lo si manda a fare un’esperienza riparativa. Per esempio andare a servire i pasti presso la mensa dei poveri dei frati. Un’occasione per sconfiggere il male che li divora, attraverso un’opera di bene che è l’occasione per ritornare in se stesso, fare il punto sul suo cuore e decidere di cambiare vita.
Vi viene in mente una persona che è motivo per voi di grande sofferenza?
Almeno stamattina, proviamo a metterla su questo altare e presentarla a Dio?
Proviamo a pensare che quella persona ha sicuramente qualcosa di buono! Quali sono le conseguenze di un odio coltivato, che cosa ne otteniamo? I nemici, nella maggior parte dei casi, sono ex amici. Alle volte il mio nemico è mia moglie, mio marito, mio fratello, mia sorella, la verità è che i nemici non abitano molto distanti dal nostro numero civico.
Chiediamo al Signore l’intuito, la curiosità, la fantasia per iniziare dei processi.
Pensando che la riconciliazione tra due fratelli, Giacobbe ed Esau, ha avuto bisogno di 20 anni! San Paolo che era un acerrimo nemico del cristianesimo, poi diventa il testimone più eloquente del Vangelo di Gesù.
Non si tratta di pensare per domani una soluzione, ma di cominciare a coltivare nel cuore il gusto della riconciliazione perché se non amiamo i nostri nemici, diventeremo amanti della morte. Che senso ha diventare amici della morte?