Parrocchia
MARIA REGINA MUNDI
Nichelino (To)
interno chiesa

SACRAMENTO DELL'UNZIONE DEGLI INFERMI

Gesù fa della cura dei malati un segno privilegiato della salvezza che viene: «Andava attorno per tutte le città e i villaggi... predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità» (Mt 9,35). I discepoli dovranno avere la stessa attenzione premurosa, quale parte integrante dell’evangelizzazione: «Gesù li inviò dopo averli così istruiti:... “Predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi”» (Mt 10,57-8). È significativo che già alla prima uscita dei discepoli trovi risalto il gesto dell’unzione, quasi un preludio del futuro sacramento: «Predicavano che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano» (Mc 6,12-13).

L’unzione e la sua efficacia salvifica

Possono ricevere il sacramento i fedeli il cui stato di salute risulta seriamente compromesso per malattia o vecchiaia. Il conferimento del sacramento si può ripetere quando ve ne sia ragione. Non bisogna riservarlo ai soli moribondi né, d’altra parte, darlo indiscriminatamente a tutti gli anziani, compresi quelli in piena salute e vitalità. Il rito prevede che il ministro del sacramento applichi l’olio sulla fronte e sulle mani, perché l’uomo pensa e agisce, e pronunzi al tempo stesso la seguente formula: «Per questa santa unzione e la sua piissima misericordia ti aiuti il Signore con la grazia dello Spirito Santo. E, liberandoti dai peccati ti salvi e nella sua bontà ti sollevi». Particolarmente utili sono le celebrazioni comunitarie: sia per i malati, che avvertono intorno a sé la preghiera e l’amicizia della comunità, sia per la comunità, che riceve dai malati una testimonianza di fede, di generosità nel sacrificio e di libertà interiore nei confronti delle cose terrene, ed è oltretutto bisognosa di essere aiutata a superare la mentalità che spinge a celebrare l’unzione all’ultimo momento, in fretta e quasi di nascosto.

Si tratta di una preghiera umile e fiduciosa, che non ha niente a che fare con la magia: la Chiesa «affida gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché egli conceda loro sollievo e salvezza; e li esorta ad associarsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per cooperare al bene del popolo di Dio». Nel momento in cui le nostre forze vengono meno, il sacramento, con il dono dello Spirito di consolazione, ci conforma a Cristo sofferente e glorioso, perché con lui offriamo noi stessi al Padre; rafforza la nostra fede e ci dà sollievo spirituale; ci purifica dai disordini interiori lasciati dal peccato, proseguendo il rinnovamento iniziato con il sacramento della penitenza; ci libera dai peccati stessi nel caso che sia impossibile confessarsi; infine, se così dispone la Provvidenza, può anche procurarci un miglioramento della salute fisica. La potenza del Signore risorto e del suo Spirito si manifesta sia concedendo ad alcuni la grazia della guarigione fisica sia, e ancor più, concedendo a molti altri la grazia di dare senso alla malattia.


IL VIATICO

Quando la situazione di malattia è particolarmente grave, tanto da far prevedere la morte, è prassi antichissima della Chiesa unire alla celebrazione dell’unzione il conferimento della comunione eucaristica in forma di “viatico”. Cibo per il viaggio, il pane eucaristico sostiene il cristiano nel passaggio da questo mondo al Padre e lo munisce della garanzia della risurrezione, secondo la parola del Signore: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). È perciò un atto di vero amore confortare i propri cari con questo sacramento, l’ultimo prima che essi vedano Dio al di là dei segni sacramentali e partecipino alla gioia ineffabile del convito eterno. D’altra parte il morente, ricevendo il viatico, testimonia in modo significativo la fede nella vita eterna, di cui il cristiano è erede dal giorno del suo battesimo.

Il sacramento dell’unzione dà al malato una grazia di consolazione e di purificazione; lo unisce al Signore Gesù nel suo mistero pasquale, in modo da conferire alla malattia una fecondità spirituale: «Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24).
(dal Catechismo degli Adulti)